martedì 1 marzo 2011

La romana - Alberto Moravia

More about La romanaIncipit: A sedici anni ero una vera bellezza. Avevo il viso di un ovale perfetto, stretto alle tempie e un pò largo in basso, gli occhi lunghi, grandi e dolci, il naso dritto in una sola linea con la fronte, la bocca grande, con labbra belle, rosse e carnose, e, se ridevo, mostravo denti regolari e molto bianchi.
Inizia così Adriana, descrivendo sè stessa, fisicamente per poi passare a narrare la sua storia, gli eventi che l'hanno condotta a divenire una prostituta. Eventi che lei stessa subisce passivamente e senza ribellarsi.
Innamoratasi di Gino, autista di una ricca famiglia di Roma, porta avanti i suoi sogni di matrimonio e di famiglia felice tra le mura di una piccola casetta da mettere su insieme al suo amato.
Ma la scoperta che farà circa il suo fidanzato la costringerà a mettere fine ai suoi sogni e così, dall'oggi al domani, forse spinta dai progetti della madre, decide che mai più amerà qualcuno ed userà il suo corpo per sedurre e guadagnare.
Adriana in fondo è una buona, non odia nessuno e giustifica tutto il male che le viene fatto. E' forse questo suo modo di essere che la porta a fare la vita che fa ed a subire passivamente tutto ciò che accade.
Tanti sono i personaggi che entrano in breve tempo nella vita e nelle stanze della protagonista, la quale, nonostante il mestiere che svolge, rimane pur sempre povera.
La cosa che mi piace di Moravia è il modo in cui scandaglia la psiche di tutti i personaggi, gli umori, gli stati d'animo. Il romanzo scorre lento, senza tanti avvenimenti che destino particolarmente l'attenzione del lettore, il quale è spinto ad andare avanti per la commiserazione che prova nei confronti di Adriana e nella speranza di vedere finalmente un pò di luce, qualcosa di buono nella sua triste esistenza.
*A me, nata nella casa dei ferrovieri, quella villetta faceva lo stesso effetto che, probabilmente, agli abitanti della villetta, da me così invidiati, le dimore più ricche e più grandi dei quartieri agiati della città. Così ciascuno mette il proprio paradiso nell'inferno degli altri.
*Io, tutte le volte che sono stata offesa, e lo sono stata spesso per la mia povertà, ingenuità e solitudine, ho sempre provato il desiderio di scusare l'offensore e dimenticare al più presto l'offesa. Se qualche mutamento avviene in me, in seguito all'offesa, esso non si verifica nel mio contegno o nel mio aspetto esteriore, bensì più profondamente, nel mio animo che si richiude sopra se stesso come una carne sana e sanguigna che ha ricevuto una ferita e provvede al più presto a rimarginarla. Ma le cicatrici rimangono; e questi mutamenti quasi inconsapevoli dell'animo sono sempre definitivi.
*PEr un poco stetti con gli occhi spalancati, al buio, senza pensare nulla. "Sono una puttana", dissi alla fine ad alta voce, per vedere che effetto mi faceva. Mi parve che non mi facesse nessun effetto e, chiusi gli occhi, quasi subito mi addormentai.


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